«L’Eurocup al pala Dozza perché non abbiamo scelta»

«Noi giocheremo dove è possibile farlo bene. A fatica abbiamo messo insieme una squadra che possa garantire un bello spettacolo e non possiamo offrirle un palcoscenico che non è adatto. Perché non è certo dando una mano di vernice al Bigi che possiamo renderlo all’altezza dell’Eurocup». La lunga estate lontano dai parquet non ha minimamente scalfito la verve del presidente biancorosso Ivan Paterlini. «L’ipotesi di giocare le gare interne d’Eurocup al palaDozza si fa ora dopo ora più reale e non possiamo far altro - rivela Paterlini -. I contatti con l’amministrazione comunale bolognese sono già ben avviati e siamo determinati a giocare la coppa a Bologna. Il Bigi non ci basta più. Si deve al più presto adeguare seriamente l’impianto di via Guasco alle nostre nuove esigenze o, come ci ha detto il patron Stefano Landi, nel giro di qualche anno saremo costretti a trasferirci o a ridimensionare l’attività».
«Noi giocheremo dove è possibile farlo bene. A fatica abbiamo messo insieme una squadra che possa garantire un bello spettacolo e non possiamo offrirle un palcoscenico che non è adatto. Perché non è certo dando una mano di vernice al Bigi che possiamo renderlo all’altezza dell’Eurocup».
La lunga estate lontano dai parquet non ha minimamente scalfito la verve del presidente biancorosso Ivan Paterlini.
«L’ipotesi di giocare le gare interne d’Eurocup al palaDozza si fa ora dopo ora più reale e non possiamo far altro - rivela Paterlini -. I contatti con l’amministrazione comunale bolognese sono già ben avviati e siamo determinati a giocare la coppa a Bologna. Il Bigi non ci basta più. Si deve al più presto adeguare seriamente l’impianto di via Guasco alle nostre nuove esigenze o, come ci ha detto il patron Stefano Landi, nel giro di qualche anno saremo costretti a trasferirci o a ridimensionare l’attività».
Cosa vuole dire?
«Gli spettacoli si fanno dove ci sono i teatri adatti a contenerli. Noi vogliamo produrre un grande spettacolo e, purtroppo, il Bigi non ci consente di farlo. Ci diamo tempo due anni, poi prenderemo una decisione. Se non ci verranno incontro, saremo costretti a trasferire l’attività o torneremo in Legadue che è a misura del nostro palasport».
Quindi i tifosi reggiani si devono preparare a vedere l’Eurocup al palaDozza?
«E’ davvero molto probabile. Bologna ha un impianto che per le nostre attuali esigenze è perfetto. Non possiamo pensare che una riverniciata agli spogliatoi e alla sala stampa del Bigi possa bastare. Nel nostro palasport, solo per fare un esempio, non ci sono i bagni per i disabili. Vi sembra possibile? In regione tutte le città piccole o grandi hanno rifatto l’impianto. Qui non si è mai fatto nulla. E un palazzetto più grande non servirebbe solo al basket ma a tutta la città. Sono anni che lo ripetiamo ma nessuno ci è mai venuto incontro. Anzi, questa estate ci è arrivata un’altra doccia fredda...».
Quale?
«Da quest’anno potremo dover pagare più del doppio d’affitto del Bigi perché sembra che il Comune non eroghi più il contributo. Noi aspettiamo un invito dall’amministrazione per discutere della nostra situazione. Non è pensabile che il patron Landi, che ho ribattezzato “Santo Stefano”, continui a fare beneficienza in questo modo mettendo fiumi di soldi per offrire uno spettacolo di alto livello che non si paga da solo. Il botteghino copre circa un terzo delle spese ed è troppo poco. Nel nostro bilancio ci mancano quei 12/15mila euro che ogni domenica potrebbero garantire i biglietti venduti ai tifosi ospiti, cui siamo costretti a rinunciare perché non sappiamo dove metterli. Ci serve un impianto nuovo e più grande se vogliamo restare a lungo a certi livelli».
Nel frattempo come pensate di venire incontro alle necessità dei reggiani che due volte al mese si dovranno spostare a Bologna?
«Proporremo due tipi di abbonamento: uno solo per il campionato e un pacchetto con il campionato e la coppa con il trasporto in pullman gratuito. Sono convinto che ci seguiranno in parecchi: c’è tanto entusiasmo attorno a questa squadra».
Il team, almeno sulla carta è di primissima fascia...
«Siamo felici perché dopo un mese e mezzo di tira e molla siamo riusciti a costruire la squadra che volevamo. I giocatori forti ci sono e in teoria si incastrano perfettamente. Poi sappiamo che passare dalla teoria alla pratica non è facile...».
Lo sforzo economico è stato importante?
«Non abbiamo comunque fatto pazzie. Abbiamo speso più dello scorso anno anche perché ci troviamo a giocare l’Eurocup in cui il livello si alza rispetto all’Eurochallenge e cevogliamo essere all’altezza».
Soddisfatti di aver arruolato una macchina da punti come Drake Diener?
«Molto. Non vediamo l’ora di vederlo all’opera».
Poi c’è Lavrinovic, un colpaccio...
«Darjus non è mai stato in Italia e siamo contenti che abbia accettato la nostra proposta. Alla fine ha preferito il nostro club di provincia ai “petrolrubli” che gli sarebbero arrivati dalla Russia. E’ un segnale che ci stiamo facendo un nome anche fuori dall’Italia e che aver vinto la scorsa stagione l’Eurochallenge (ride, ndr) qualcosina ha portato».
Sul fronte italiano, un terzo della nazionale è biancorosso. Altra grande soddisfazione, non crede?
«Investire su giovani promettenti paga, non lo scopriamo certo oggi. E’ la filosofia che il nostro club porta avanti da una vita. Siamo orgogliosi di dare tanti ragazzi alla nazionale anche se questo comporta anche sacrifici per una società».
Cioè?
«L’impegno con la nazionale assorbe l’intera estate dei giocatori. E’ da fine giugno che questi ragazzi sono in ballo. Non inizieranno i lavori con le rispettive squadra alle quali si uniranno solo a preparazione già iniziata. E arriveranno dopo aver lavorato intensamente per due mesi: in che stato saranno a ottobre quando inizierà la stagione? I nostri, ma anche altri azzurri, oltre al campionato dovranno affrontare anche una coppa e questo vuol dire giocare due volte a settimana già da ottobre e tirare poi sino a maggio/giugno senza essersi di fatto mai fermati. E’ troppo».
Cosa proporrebbe?
«Bisognerebbe concentrare i lavori con le nazionali in un mese o poco più in modo da lasciare ai giocatori almeno una quindicina di giorni di riposo assoluto, in modo che arrivino ai club in forze. Non si può tirar troppo la corda, anche se parliamo di ragazzi giovani. Non stupiamoci poi se non c’è gente che non vuole andare in nazionale, se l’impegno richiesto è questo».
fonte: Gazzetta di Reggio