
“Difesa da oratorio”, si dice per indicare una squadra che subisce molte reti. Da oggi il termine più adatto sarebbe “difesa da Nazionale italiana”, dato il 5-4 di ieri contro Israele, un punteggio che purtroppo dice molto della tenuta tattica - e forse anche mentale - dei nostri azzurri.
Il nuovo commissario tecnico Rino Gattuso sembra aver dato nuova linfa e carattere alla Nazionale, come si è visto nella bella reazione del secondo tempo con l’Estonia, però non sembra aver fornito un impianto tattico di solida consistenza, introducendo tra un match e l’altro delle variazioni che hanno fatto saltare i pochi meccanismi acquisiti in una sola settimana di allenamenti. Quando si subiscono quattro reti da un avversario non certo di prima fascia come Israele - soprattutto quando questa nazionale è costretta a giocare le partite di casa in campo neutro per ovvi motivi - significa che c’è qualcosa che non va e non è qualcosa di secondario.
L’improvvisato 4-3-3 schierato dal CT non aveva nemmeno la consueta e fisiologica simmetria di ogni disposizione tattica, costringendo fuori ruolo alcuni giocatori soprattutto sulla fascia sinistra, dove Di Marco si è trovato spesso ad affrontare gli avversari in inferiorità numerica. L’unico soccorso che gli è venuto è stato da parte di Tonali che però sulla carta non doveva garantire quel tipo di copertura. Il tridente offensivo si è trasformato presto in un doppio centravanti con Kean e Retegui mentre a destra l’unico vero tornante dei tre davanti, Politano, agiva correttamente da copertura a Di Lorenzo. sulla sinistra questo meccanismo è completamente saltato e il problema è quando se ne accorgono gli italiani davanti alla tv, ma non l’unico deputato a poter intervenire.
Gli sbandamenti sono stati tanti e tali da non mettere al riparo il risultato nemmeno sul 4-2 a 10 minuti dalla fine, e se non fosse stato per un innocuo tiro di Tonali da fuori area che ha misteriosamente bucato la difesa israeliana e ingannato il portiere a tempo scaduto, ora saremmo qui a recriminare per i due punti persi, fondamentali tra l’altro per continuare a sperare nella qualificazione ai Mondiali del 2026.
C’è forse anche un motivo più profondo, più preoccupante e non imputabile alla gestione di Rino Gattuso: non siamo più una scuola di difensori. Quello che è stato un vanto per la tradizione calcistica italiana e uno dei punti di forza su cui contare nei momenti di difficoltà - e questo non vale solo per l’Italia - negli ultimi anni è andato smarrito: abbiamo difensori bravissimi a impostare il gioco come Bastoni e Calafiori (tra l’altro non si capisce il motivo per cui quest’ultimo non abbia giocato dopo la bella prestazione con l’Estonia) ma che non sanno più andare sull’uomo avversario in contrasto o in marcatura, soprattutto quando ci si trova nella propria area.
Gli americani sanno poco di calcio, eppure da loro è popolare il detto applicabile a ogni sport di squadra: l’attacco fa vendere i biglietti, la difesa fa vincere le partite. E ai Mondiali non andremo perché la cassa è piena. C’è tempo per rimediare, l’importante è avere coscienza dei propri errori.
Famiglia Cristiana
Nessun commento:
Posta un commento