Duecento gol in quattrocento partite, una rete ogni 180 minuti, perfetto come un allineamento stellare, e poi qualcuno dirà che vincere è l'unica cosa, no, dirà Totò Di Natale, l'unica cosa è segnare, l'unica cosa è essere un simbolo, una bandiera, qualcosa destinato a mancare. Di Natale entra oggi nel club dei bicentenari della serie A, sono solo sei oltre a lui, Piola, Totti, Nordhal, Meazza, Altafini e Roberto Baggio: cinque gol più in alto Baggino, raggiungibile quindi, raggiungibile anche Altafini, a 216, sempre se non finirà qui. Un giorno smetterà di segnare Totò, ma solo quando smetterà di giocare.
Una volta Mondonico disse di Inzaghi "non è lui a essere innamorato del gol, è il gol a essere innamorato di lui". Vale, ancor più, per Di Natale, 200 gol in 400 partite di A, esatto come un orologio, come il suo calcio semplice e inesorabile, come il suo gol al Chievo, il duecentesimo, tocco di esterno sinistro. Ogni due partite, da 13 anni a questa parte, Totò la mette dentro: non avesse giocato anche tra B e C, i gol sarebbero già molti di più. Se avesse giocato nella Juve, nel Milan, ma che importanza ha: anzi vale di più, certo che vale di più, per uno nato nelle serie inferiori, condannato da una sorte minore a trovare fortuna in giro tra Vignola, Varese, Viareggio, e poi Empoli, il primo grande amore, il primo dei due, l'esordio in A nel 2002, con Silvio Baldini in panchina che lanciò la coppia perfetta, Rocchi-Di Natale, due che si sarebbero ritrovati in nazionale. Due anni dopo ecco Udine, ancora e definitivamente provincia, ma quella che produce ed esporta calcio, quella che non innalza simboli e divora i suoi capolavori sull'altare del Dio plusvalenza: l'unica eccezione a questa spietata regola friulana è sempre stato lui. Là davanti, in coppia con chiunque: però i gol, quelli pesanti e quelli leggeri, quelli belli, quelli che resteranno nella storia bianconera li ha segnati lui. 200 in A, 216 in tutte le competizioni, sette triplette, 28 doppiette, Di Natale sempre, Di Natale per sempre.
Ha minacciato di smettere, ha 37 anni, i gol però dicono un'altra cosa, che non è il momento. A fine stagione deciderà, moglie, figli e questo calcio forsennato gli chiedono un passo indietro. Dopo la morte di Piermario Morosini, che fu suo compagno di squadra, disse "questo calcio va a una velocità esagerata, basta", fu la prima volta, e ancora un anno fa, "a fine anno lascio", l'anno è finito, e lui è ancora qua. Grande come pochi nella storia del calcio italiano, destinato a una mitologia retrospettiva, quando si dirà, con rispetto, "alla Di Natale", e sarà il più bello, il più grande, il più generoso dei paragoni.
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Di Natale nell'olimpo dei bomber: duecento gol in serie A
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