Obiettivo: consolidare la Trenk in serie A

di Mauro Grasselli
REGGIO. Qual è il bilancio al giro di boa della stagione regolare?
«Un bilancio molto positivo – risponde Alessandro Dalla Salda, amministratore delegato della Pallacanestro Reggiana – perché rientrare in serie A dopo 5 anni e chiudere il girone d'andata al 6° posto, qualificandoci alle finali di Coppa Italia, è una cosa davvero molto bella. A maggior ragione se si considera l'ambiente positivo che ci circonda e una situazione condivisa da tutta la città. Nel mondo dello sport, e in particolare nel basket, tutto viaggia molto velocemente, per cui la grande sfida è riuscire ad andare avanti così come abbiamo fatto nel girone d'andata. Dopo esserci goduti per una notte la grande gioia per la qualificazione alla Final Eight, ora siamo tutti concentrati con l'obiettivo di disputare un positivo girone di ritorno».
Le ragioni di questi risultati? Si parla sempre di chimica di squadra e di "cooperativa della pallacanestro", come la chiama il coach Menetti, che fanno fronte a doti tecniche non straordinarie in assoluto, rispetto ad altre squadre.
«Sì, abbiamo un gruppo di giocatori molto motivati, che ha iniziato la stagione senza essere accreditato tra quelli che avrebbero fatto meglio. Ma non c'è solo questo».
Cos'altro?
«La città. Io sono di Reggio e ho vissuto lo sport reggiano prima da tifoso, poi da giornalista sportivo e infine da dirigente. Da 15 anni sono alla Pallacanestro Reggiana. Ora, per la prima volta, siamo tornati agli anni Ottanta: all'entusiasmo che in quegli anni visse una Reggio vergine a livello di basket ad alto livello. Dopo la disgraziata annata 2011, abbiamo corretto i nostri errori conquistando una salvezza in extremis che è stata un elettroshock. Positivo, però, perché ha fatto capire a tutti, anche alla città, che bastava un nulla per perdere qualcosa che è parte della cultura dei reggiani. E ora Reggio si identifica nella Pallacanestro Reggiana. Sono rimaste poche cose che identificano i reggiani. Direi due: una è la “vasca” il sabato mattina in centro; l’altra è la Pallacanestro Reggiana. Basta entrare al Palabigi e trovi tutti: le mamme, i pensionati, i commercianti, gli studenti, gli imprenditori... Tutta la città. E si respira un clima bellissimo».
Due anni fa il club rischiò la retrocessione tra i dilettanti. Come siete riusciti, in 2 anni, a ribaltare non solo squadra e staff, ma anche la percezione del basket in città?
«In effetti, tutto è partito nel febbraio 2011. La nuova unione attorno al basket partì proprio in quel momento. Ora la piccola Reggio sfida le grandi squadre, così come fece Dado Lombardi con le big dell’epoca. Le vittorie e le sconfitte sono condivise da tutti; sembra di tornare indietro di 30 anni. La Pallacanestro Reggiana è patrimonio di una città intera, e mai come in questo momento sento la città al nostro fianco. Continuare con questi risultati, in serie A, non sarà per nulla facile, ma abbiamo tutto quel che ci serve per poter continuare sui questa strada».
Come si gestisce una società sportiva di serie A in tempi di crisi economica generale?
«E’ una crisi terribile che non sembra destinata a passare in tempi brevi. La nostra fortuna (e capacità) è stata quella di fidelizzare 106 aziende che sono legate a noi da tanti anni. Aziende alle quali piace l’ambiente e che apprezzano ciò che facciamo, a cominciare dal fatto che manteniamo le nostre promesse».
Quanto ha favorito il club, in questa ottica, la promozione in serie A?
«Moltissimo: più pubblico, più sponsor, più incassi. Un considerevole aumento dei ricavi; anche se, come quasi tutte le società sportive professionistiche, non raggiungiamo il pareggio di bilancio. In ogni caso, abbiamo un palazzetto sempre pieno e un grande entusiasmo in città».
Quantomeno, la crisi ha portato a ridimensionare il costo degli ingaggi dei giocatori. Non solo a Reggio.
«Sì, oggi i costi del personale lo puoi monitorare meglio. E anche quello dei giocatori, perché abbiamo una forza contrattuale maggiore».
In che senso?
«Beh, oggi i giocatori scelgono dove giocare anche tenendo conto quali sono le piazze in cui hanno la certezza di essere pagati. In questo, siamo stati facilitati dalla crisi. Noi siamo tra le società “molto considerate”. E il fatto di essere in serie A è vitale, perché essere in Legadue significa svenarsi senza avere la certezza di essere promossi».
I tifosi pensano però a cose meno “strategiche” e più concrete. Ad esempio, si chiedono se i grandi protagonisti di questa Trenkwalder resteranno a Reggio anche l’anno prossimo o saranno attirati da club più ricchi. State cercando di trattenerli?
«Al momento non abbiamo ricevuto richieste “in corsa” da parte di altri club. Assieme allo staff tecnico, stiamo guardando avanti. Premesso che vogliamo raggiungere al più presto la salvezza, vorremmo migliorare. Come? Tenendo a Reggio i giocatori più bravi – come fece anni fa la Sampdoria con i vari Vialli, Mancini e Pagliuca – e con loro arrivare ad essere un piccolo club in grado di competere con le big del campionato. Ovviamente, anche i giocatori – a cominciare dai vari Cervi, Cinciarini, Antonutti – devono fare la loro parte credendo nel progetto».
Obiettivo molto ambizioso. Quale potrebbe essere il traguardo di questo progetto?
«Consolidarci in serie A e arrivare ad essere in pianta stabile tra le prime sei-otto società d’Italia, quindi sempre in zona playoff. Poi ci sarà l’anno in cui si andrà meglio e quello in cui si andrà peggio. Ma l’obiettivo è quello».
N el frattempo, come vi rapportate con i vari Taylor, Antonutti, eccetera?
«Come un anno fa, ora Taylor non vuole prendere in considerazione il rinnovo contrattuale con noi né valutare altre eventuali proposte. Lui ha bisogno di sentire la fiducia attorno a sé, e qui ce l’ha. Antonutti? Ho sentito il procuratore. Il giocatore ha dimostrato di avere lo spirito giusto per questa squadra. Dopo aver messo al sicuro la salvezza, non credo ci saranno problemi con lui, se resterà l’attuale fiducia reciproca. Ma ora dobbiamo pensare alla salvezza, perché la squadra, se non gioca con la massima tensione, rischia grosso. Non siamo tra le squadre più forti per talento, ma siamo tra quelle più solide e dure da affrontare. Però non dobbiamo abbassare il livello di tensione e dobbiamo difendere da squadra assatanata».
Salvezza, d’accordo. Ma il traguardo è già ora vicinissimo. Se la squadra viaggia di questo passo, altro che salvezza. “Rischia” di fare i playoff.
«Ma anche per arrivare ai playoff dobbiamo giocare come se avessimo paura di retrocedere. Due anni fa è cambiata la mentalità, e da allora in casa abbiamo perso solo tre volte: contro Rimini, Siena e Brindisi. Grazie a quella mentalità».
Eventuali playoff senza toccare la squadra, giusto?
«Non abbiamo preso rinforzi nemmeno dopo i recenti infortuni. Meglio di così non è facile fare, per una squadra come la nostra. Una eccezione potremmo farla solo nel caso in cui si presentasse sul mercato un giocatore interessante in prospettiva; giovane ma non giovanissimo, da inserire pensando anche al futuro. Ma ora non vogliamo toccare la chimica della squadra. Ora ha più senso tenere i soldi per la prossima stagione».
di Mauro Grasselli - Gazzetta di Reggio

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