Robert Hite si presenta: «Farò di tutto per spingere la Trenkwalder verso la promozione»

- Il Resto del Carlino -

26/03/2010 09:06 - Daniele Barilli
DURO a morire. Si presenta così, Robertino Hite. Ha la faccia da bravo ragazzo e la scritta “Game Time” tatuata sulle dita delle mani. L’impressione è che sia timido e tranquillo, ma quando apre bocca, si dipinge come un vero duro. Uno, per intenderci, che più lo butti giù e più si tira su. Se sia proprio così, ce lo racconterà la storia. E il futuro. Lo scopriremo, insomma, solo vivendo. Resta il fatto che il nuovo americano della Trenkwalder pare avere, se non altro le idee chiare. Parla poco, ma quel che dice rimbomba forte nelle stanze biancorosse.
«Sono felice - attacca l’ex guardia dei Miami Heat con la cui maglia ha giocato 12 partite nella NBA - di essere arrivato a Reggio. Farò tutto il possibile per aiutare la squadra a conquistare la serie A. Ci metterò tutto quello che ho dentro di me».
Pino Sacripanti che l’ha allenata a Caserta ha detto che lei è un giocatore troppo forte per la LegaDue, quasi illegale...
«Eh - ridacchia Hite - questo proprio non lo so. Io farò del mio meglio, poi si vedrà...».
Cosa non ha funzionato con Frates a Montegranaro?
«Non c’è stato un vero problema. Diciamo che, ad un certo punto, è venuto a mancare il giusto feeling. A volte succede che le cose non funzionino più, ma non è colpa di nessuno».
Ci dice qual è il suo punto di forza e qual è il suo peggior difetto?
«Mi ritengo un giocatore duro, uno che riesce ad alzare il proprio livello di intensità a seconda delle difficoltà delle partite. E poi sono in grado di costruirmi dei buoni tiri. Il difetto? Devo migliorare molto nel palleggio, ma ci lavorerò il più possibile».
C’è un giocatore a cui si è ispirato?
«Dwyane Wade, la stella dei Miami Heat: è uno che ha vinto tanto».
E il giocatore che più le piace in questo momento?
«Eddie House: è davvero spettacolare».
Dica la verità: lei ci pensa ancora alla NBA?
«Ah, certo - sorride Hite - quello è il mio sogno e mi piacerebbe molto poterci tornare. Comunque io amo il basket e mi diverto a giocare, che sia la NBA o l’Italia».
Dopo il fallimento a Montegranaro con che spirito arriva a Reggio: ha voglia di riscatto?
«Io scendo in campo sapendo di dover dimostrare qualcosa in ogni partita. Non è questione di riscattarsi, ma di crescere e migliorare. Sapendo che dall’altra parte del campo ci sono giocatori molto forti e quindi bisogna essere sempre al massimo».
Che impressione ha avuto nel suo primo allenamento con la Trenkwalder?
«Sinceramente non mi aspettavo di vedere così tanti giovani... Però la squadra mi ha fatto un’impressione positiva. E deve essere sicuramente un buon gruppo considerando le tante vittorie ottenute. Ora dobbiamo imparare a giocare insieme perché solo così possiamo raggiungere il risultato a cui puntiamo».
Si considera un atleta da play-off?
«Mi consdiero un atleta per ogni partita, perché vado in campo per fare sempre meglio rispetto alla volta precdente. Più c’è intensità, più la gara è dura e più io mi diverto». Un duro, insomma. Almeno a parole. E adesso vediamo se alle parole seguiranno i fatti...

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