Trenkwalder: allenatore Coen avrà il compito di tentare di impedirne la deriva
- La Gazzetta di Reggio -
26/10/2010 09:52 - DANIELE VALISENA
REGGIO. Sarà una settimana non semplice per la Trenkwalder. Un forte senso di spaesamento e di confusione sembrano essere i sentimenti dominanti nello spogliatoio reggiano, in questi giorni, fedele specchio di quello che si è visto in campo a Verona sabato scorso, e non solo. La nave biancorossa si sta pericolosamente allontanando dalle zone in cui dovrebbe navigare, e il coach Coen avrà il compito di tentare di impedirne la deriva.
Primo compito del tecnico dovrebbe essere il recupero di Robert Fultz, eroe della vittoria di Jesi e polso emotivo e tecnico della squadra reggiana da ormai tre stagioni. Se il playmaker titolare (l’unico vero regista presente nel roster, viste le caratteristiche di Smith) non gira la squadra, difficilmente può trovare la strada del gioco. Proprio l’ottima prova del playmaker di Verona Roberto Rombaldoni si è rivelata importante, soprattutto in avvio, per incanalare la sfida con la Tezenis su binari favorevoli ai veneti.«Sapevamo che avremmo affrontato una squadra dalle grandi potenzialità - esordisce il play della Tezenis - probabilmente con un tasso tecnico superiore al nostro: per vincere non avevamo altra possibilità da quella di scendere in campo decisi e dare tutto fin dall’inizio».
Paradossalmente, proprio la prima parte di gara è stata quella in cui c’è stato maggior equilibrio, con la Trenkwalder che, pur con qualche pausa, è rimasta in partita almeno fino all’intervallo.
«Nella ripresa ci siamo detti che bisognava accelerare ancora di più - prosegue l’ex Fortitudo - soprattutto in difesa, dove siamo riusciti a creare molte difficoltà alla Trenkwalder. Venivamo da un brutto periodo, con tanti problemi fisici, così il contributo della panchina è stato fondamentale per permetterci di gestire le energie».
Con tutto il rispetto, la panchina di Verona, con Bellina, Mariani, Gueye e Campiello, pareva decisamente inferiore a quella reggiana, che può contare su gente come Joe Smith, Slanina e Valenti; eppure, tra il quintetto titolare degli scaligeri e quello «di riserva» non si sono avvertite differenze, né a livello tecnico, né a livello d’intensità e capacità di tenere il campo. In casa reggiana, invece, la girandola di cambi di Coen non è riuscita a cambiare l’inerzia della gara; anzi, i cambi paiono aver tolto ritmo e fiducia ad alcuni giocatori.
«Con me in campo la squadra ha giocato meglio? Non so - aggiunge Rombaldoni - io mi limito ad eseguire quello che coach De Raffaele mi chiede di fare. Sabato siamo riusciti a trovare con facilità la via del canestro, forse anche troppo, ma l’importante è seguire la nostra idea di gioco e lavorare su questo. Questa volta è andata bene - conclude il play -. Non sarà sempre così, ma questa è la strada da percorrere».
In casa Trenkwalder qual è la strada da seguire? E come mai una squadra piccola, con tanti tiratori, si affida così tanto agli isolamenti, fermando il gioco e perdendo ritmo, quando dovrebbe cercare la velocità e la corsa, i «penetra e scarica» e le conclusioni dalla lunga distanza? Mancanza di comunicazione tra coach e giocatori o si tratta di qualcos’altro?
26/10/2010 09:52 - DANIELE VALISENA
REGGIO. Sarà una settimana non semplice per la Trenkwalder. Un forte senso di spaesamento e di confusione sembrano essere i sentimenti dominanti nello spogliatoio reggiano, in questi giorni, fedele specchio di quello che si è visto in campo a Verona sabato scorso, e non solo. La nave biancorossa si sta pericolosamente allontanando dalle zone in cui dovrebbe navigare, e il coach Coen avrà il compito di tentare di impedirne la deriva.
Primo compito del tecnico dovrebbe essere il recupero di Robert Fultz, eroe della vittoria di Jesi e polso emotivo e tecnico della squadra reggiana da ormai tre stagioni. Se il playmaker titolare (l’unico vero regista presente nel roster, viste le caratteristiche di Smith) non gira la squadra, difficilmente può trovare la strada del gioco. Proprio l’ottima prova del playmaker di Verona Roberto Rombaldoni si è rivelata importante, soprattutto in avvio, per incanalare la sfida con la Tezenis su binari favorevoli ai veneti.«Sapevamo che avremmo affrontato una squadra dalle grandi potenzialità - esordisce il play della Tezenis - probabilmente con un tasso tecnico superiore al nostro: per vincere non avevamo altra possibilità da quella di scendere in campo decisi e dare tutto fin dall’inizio».
Paradossalmente, proprio la prima parte di gara è stata quella in cui c’è stato maggior equilibrio, con la Trenkwalder che, pur con qualche pausa, è rimasta in partita almeno fino all’intervallo.
«Nella ripresa ci siamo detti che bisognava accelerare ancora di più - prosegue l’ex Fortitudo - soprattutto in difesa, dove siamo riusciti a creare molte difficoltà alla Trenkwalder. Venivamo da un brutto periodo, con tanti problemi fisici, così il contributo della panchina è stato fondamentale per permetterci di gestire le energie».
Con tutto il rispetto, la panchina di Verona, con Bellina, Mariani, Gueye e Campiello, pareva decisamente inferiore a quella reggiana, che può contare su gente come Joe Smith, Slanina e Valenti; eppure, tra il quintetto titolare degli scaligeri e quello «di riserva» non si sono avvertite differenze, né a livello tecnico, né a livello d’intensità e capacità di tenere il campo. In casa reggiana, invece, la girandola di cambi di Coen non è riuscita a cambiare l’inerzia della gara; anzi, i cambi paiono aver tolto ritmo e fiducia ad alcuni giocatori.
«Con me in campo la squadra ha giocato meglio? Non so - aggiunge Rombaldoni - io mi limito ad eseguire quello che coach De Raffaele mi chiede di fare. Sabato siamo riusciti a trovare con facilità la via del canestro, forse anche troppo, ma l’importante è seguire la nostra idea di gioco e lavorare su questo. Questa volta è andata bene - conclude il play -. Non sarà sempre così, ma questa è la strada da percorrere».
In casa Trenkwalder qual è la strada da seguire? E come mai una squadra piccola, con tanti tiratori, si affida così tanto agli isolamenti, fermando il gioco e perdendo ritmo, quando dovrebbe cercare la velocità e la corsa, i «penetra e scarica» e le conclusioni dalla lunga distanza? Mancanza di comunicazione tra coach e giocatori o si tratta di qualcos’altro?
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