Prandelli a Reggio Emilia: «La nazionale italiana al Giglio? Tutto è possibile lo stadio è bello, mi piace ma non decido io»
REGGIO. Passeggia sotto i portici del centro commerciale Volo assieme alla compagna Novella Benini e all'amico medico Danilo Manari. Una puntatina al bar per un caffè prima di sottoporsi a un'accurata visita medica di controllo nel Centro Cuore Salute. L'aggettivo che meglio si addice a Cesare Prandelli è semplicità. Il commissario tecnico della nazionale italiana è un assiduo frequentatore della nostra città anche se preferisce la discrezione alle passerelle ufficiali. Dispensa sorrisi e strette di mano, cordiale e disponibile con chi lo avvicina. Simpatico e sempre pronto alla battuta. E' forte il legame di Prandelli con Reggio. «La frequento anche se in modo anonimo - ammette - è una città che mi piace, dove ho tanti amici come Danilo (il dottor Manari ndr) e poi mio figlio Nicolò collabora col Parma e con questo gruppo di amici. Appena ho un attimo di tempo mi fermo a Reggio per salutarlo. E' l'occasione per vederlo e conoscere ancora meglio l'Emilia. La ritengo una città ideale da viverci». Cesare Prandelli sfoglia la Gazzetta di Reggio curioso di sapere le notizie sulla Reggiana ma anche della nostra città. Il consiglio. «Non entro nel merito delle scelte della società ma conoscendo questa realtà calcistica mi sento di rimarcare che il futuro della Reggiana è nella valorizzazione dei giovani». Prandelli, in carriera, ha vinto il torneo giovanile Viareggio, ha lavorato nel vivaio dell'Atalanta e poi nel corso della sua carriera ha dato spazio a tanti giovani emergenti che poi si sono imposti a livello nazionale. «Questa è la strada da seguire. So che nella Reggiana ci sono diversi azzurrini, tra cui Romizi nell'Under 21. Io e Arrigo (Sacchi ndr) stiamo sondando il calcio italiano alla ricerca di giovani emergenti». Prandelli domenica era a Parma, Sacchi a Ferrara. «Purtroppo i dirigenti delle nostre società vogliono tutto e subito, mentre invece con i giovani serve pazienza e tenacia. Occorre insistere e programmare».
L'amicizia. Il rapporto del ct azzurro con Danilo Manari è nato ai tempi del Parma e si è consolidato nella Fiorentina. «E' una persona squisita - ammette con grande onestà - un innovatore e un ricercatore nel suo campo. Quando ci siamo incontrati la prima volta ho capito che era portatore di idee nuove. Dove ha lavorato ha seminato bene. Una persona sempre disponibile, unica». Danilo Manari ha avviato un rapporto professionale con Nicolò, figlio di Cesare Prandelli. Una sinergia di esperienze che è sbocciata in una intensa collaborazione e scambio di esperienza. «Una bella iniziativa e poi questo è il vero mondo di Danilo Manari». La cordialità. «Per me è un piacere - ammette Guiducci - constatare che Prandelli ci onora della sua presenza e fiducia». Una simpatia che il Ct azzurro ha saputo trasmettere anche ai pazienti del centro impegnati negli esercizi di mantenimento ma anche ai tanti professionisti della struttura. Una semplicità contagiosa, così come ha dimostrato Novella Benini nel saper mettere il personale a proprio agio. Una qualità rara di questi tempi, sopratutto per chi è sempre in prima pagina. L'Italia a Reggio. L'ultima partita dell'Italia a Reggio è stata il 15 novembre del 1995 contro la Lituania (4 a 0 per gli azzurri). A distanza di 15 anni e dopo che lo stadio è tornato alla piena capienza, potrebbe esserci l'occasione per un ritorno degli azzurri a Reggio. Cesare Prandelli preferisce non entrare in argomento, perché dopo i «fatti di Genova» è il Viminale che indica gli stadi consigliati per le varie partite. «Posso solo dire che conosco il Giglio, è uno stadio che mi piace». C'è anche chi sussurra che era stato inserito nell'elenco degli impianti papabili per ospitare la nazionale. Si vedrà. Il ruolo. Cesare Prandelli era stato ospite a Luzzara di don Emanuele Benatti assieme ad Arrigo Sacchi e al coach di basket Luca Calamai. In quel periodo era l'allenatore della Fiorentina, dal 30 maggio è il Ct azzurro. «E' un incarico che mi piace perché mi consente di ampliare le mie conoscenze a livello di singoli e di nazionali. Certo, mi manca la quotidianità degli allenamenti, del campo ma è un'esperienza invidiabile e che - penso - qualsiasi collega vorrebbe intraprendere».
gazzettadireggio.it
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