Reggiana: tre sconfitte in quattro partite Un novembre nero
Reggio Emilia, 1 dicembre 2010. Coraggio, granata, novembre è finito. Il mese horribilis della Reggiana si è chiuso con la seconda bastonata casalinga. Una frustata alle ambizioni e un siluro al progetto Barilli, che ha bisogno come il pane del supporto dei risultati per decollare.
La reggiana ha perso ben tre delle quattro partite novembrine. Un bilancio fallimentare, che ha frantumato il momento d’oro, acceso dalla doppia vittoria contro la Cremonese e ad Alessandria. I granata sono rimasti in zona play off soltanto per la penalizzazione della Salernitana, che attualmente occupa il quinto posto assieme alla squadra di Mangone e allo Spezia, la regina di novembre.
Già, perchè se diamo un’occhiata alla classifica del mese, troviamo lo Spezia in vetta con 11 punti. Le aquile hanno però giocato cinque partite (compreso il recupero col Ravenna) e non quattro. E c’è chi ne ha disputate soltanto due, la capolista Sorrento, oggi in campo a Verona. I granata, tornando a noi, coi loro tre punticini in 360 minuti hanno fatto meglio di poche squadre. A parità di match, si mettono alle spalle soltanto la derelitta Paganese (1 punto), il Monza e il Pergocrema (2).
Come si spiega l’involuzione granata, nella qualità e nell’efficacia del gioco? Intanto, con gli infortuni di pedine fondamentali, Alessi in primis. E ancora, con l’improvvisa anemia dell’attacco, che ha segnato un solo gol in quattro partite. Firmato da Temelin a Crema. Arsenale a secco a Ravenna e al Giglio, contro Spal e Bassano. Dove sono finiti i gemelli del gol? L’assenza di Alessi, che ha saltato due partite e mezzo delle quattro, non può che essere una motivazione parziale. Guidetti e Temelin litigano con la porta. Temelin anche col mister, che continua a sostituirlo.
Inopportuno il siparietto di lunedì sera, con l’attaccante che comincia a brontolare appena capisce che deve uscire dal campo e battibecca con Mangone davanti alla panchina. Il nervosismo è il peggior nemico, nei momenti difficili. La lezione di Ravenna, dove peraltro l’arbitro Bietolini ci ha messo molto del suo, non è servita? Anche il tecnico ha i nervi fragili. Sembrava pieno di personalità, qualcuno lo ha immediatamente «beatificato», sta mostrando i limiti (pure comprensibili) di chi è alla prima avventura importante della carriera, in un ambiente ben più carico di pressione rispetto a Pavia. Mangone è il primo a dover mostrare equilibrio, la società lo sostenga e lo consigli.
Nel flop novembrino c’è anche, ovviamente, una porzione di responsabilità della panchina. Contro la Spal, in edizione rimaneggiata, Mangone non ha frenato l’atteggiamento eccessivamente spregiudicato e i ferraresi hanno colpito al cuore un avversario sbilanciato. La filosofia offensiva ci piace un sacco, ma a volte va moderata. Contro il Bassano l’impaccio di Arati è apparso subito nitido e non a caso quella vecchia volpe di Jaconi, tecnico veneto, ha ordinato di martellare proprio dalla sua parte. Vero, mancavano Iraci e D’Alessandro e non c’erano grandi alternative. Ma Arati non è un difensore, sarebbe stato più adatto Aya, con Adamo centrale, a costo di perdere centimetri. Del resto il giovanotto palermitano aveva debuttato da titolare contro un marcantonio come Cipriani.
La fase dolce di fine 2010 è iniziata malissimo. Le tre partite in casa su quattro che ci traghetteranno nel nuovo anno dovevano essere il definitivo trampolino. Invece, la frenata è vistosa e bussa alla porta la severa trasferta di Salerno. Mangone dovrà lavorare molto, in questi giorni, sulla testa degli atleti. Rasserenando l’atmosfera, facendo tirare il fiato a qualche titolare (Maschio), riassestando gli equilibri, ricompattando e ricaricando il gruppo. E dando la scossa alle punte. La tendenza negativa va interrotta, prima di incartarsi di brutto.
di Ezio Fanticini / ilrestodelcarlino
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