Trenkwalder: non basta più solo il cuore, si deve vincere

- Il Resto del Carlino -

30/04/2011 10:31 - Gabriele Gallo
«NELLA FEROCE morsa delle circostanze non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia. Sotto i colpi d’ascia della sorte il mio capo è sanguinante, ma indomito. Sono io il padrone del mio destino: il capitano della mia anima». Sono i celebri versi di William Henley, che si prestano (sportivamente parlando) alla partita che stasera la Trenkwalder deve affrontare sul parquet di Barcellona Pozzo di Gotto. Tutto, in apparenza, rema contro i biancorossi. La Sigma è terza in graduatoria, quasi imbattibile sul suo terreno e, in più, in smagliante stato di sforma. Poi c’è la matematica a giocare contro Robinson e compagni.
Si va in Sicilia per vincere la prima delle due gare della vita (la prossima venerdì 6 maggio contro Veroli), ma anche fare l’en-plein potrebbe non bastare. Perché, in caso di arrivo a pari punti con altre squadre, la classifica avulsa e gli scontri diretti darebbero alla Trenkwalder solo il 30% di possibilità di salvare la pelle e restare in Legadue. Come se non bastasse, per il delicatissimo finale di torneo, il team di casa nostra si ritrova con capitan Alessandro Frosini a un quarto di servizio. Per mesi e mesi il lungo senese ha fatto pentole e coperchi, ha stretto i denti anche quando, scelleratamente, lo si lasciava in campo trenta minuti, pensando che oltre allo spirito indomabile, anche il fisico fosse tale. Pia illusione per un atleta di 38 anni passato attraverso mille battaglie. Ma il capitano a Barcellona ci sarà, e anche se minimo in termini di minutaggio, il suo contributo alla causa sarà sicuramente prezioso. E magari sarà il suo immenso orgoglio a farlo andare, ancora per due fondamentali partite, oltre l’ostacolo. Infine, ma non ultima, la caratura tecnica dell’avversaria. Due americani di primissimo ordine: Crispin, dal tiro veramente mortifero, e Hicks dotato di classe purissima e immensa esplosività; due jolly tuttofare quali Ghiacci e Bucci e un lungo d’ordine e capacità: Achara. Come dire, un altro Everest da scalare.
IL CAPOCORDATA Max Menetti ce la sta mettendo tutta per sostituire degnamente Frates; il viceallenatore biancorosso, promosso comandante causa i problemi medici del tecnico lombardo, ancora una volta ha invitato a puntare, come arma vincente, sulle motivazioni. «Nessuno può averne più di noi», ha detto nella conferenza stampa prepartita. Nella lontana Sicilia (con sei eroici tifosi del Collettivo biancorosso al seguito) si gioca per la maglia, per l’orgoglio, per la dignità individuale di ogni giocatore, e per una città che ama troppo il basket e non vuole vedere la sua squadra fare un passo indietro dopo quasi trent’anni tra i professionisti.



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