Trenkwalder mantenuta la promessa fatta ai tifosi

- Il Resto del Carlino -

09/05/2011 08:46 - Gabriele Gallo

«QUESTA è la differenza tra un professionista e un campione». Così fu descritto il tuffo di Bob Mc Adoo (alfiere dell’Olimpia Milano, all’epoca 37enne e con un grande passato in Nba) sul parquet di Livorno, nel corso della finale scudetto 1989, per fermare un importante contropiede avversario.
CON lo stesso spirito Alessandro Frosini, capitano della Trenkwalder, nelle ultime partite, pur con i tendini in fiamme, usciva comunque a raddoppiare sugli esterni avversari impedendo un loro facile tiro o cercava di strappare un rimbalzo. Benchè ogni salto fosse fonte di dolore, non si è mai tirato indietro, dimenticando età, acciacchi e gloriosi trascorsi.
FROSINI, avete mantenuto la promessa fatta ai tifosi. Quanto è felice per questo risultato?
«Immensamente, come tutti. Anche perché eravamo consapevoli che non sarebbe stato facile. È stato un percorso molto sofferto, mentalmente e fisicamente.Ci voleva un miracolo, sportivamente parlando, l’abbiamo realizzato».
Tanti si chiedono: perché si è dovuto soffrire così tanto?
«Forse avevano ragione i tifosi quando mugugnavano e dicevano che ci mancava il cuore. Loro l’avevano capito prima di noi. Quando l’abbiamo trovato è cambiato tutto. Del resto per risollevarti prima devi toccare il fondo».
Il vostro quale è stato?
«A Pistoia. Doveva essere la trasferta che avrebbe dato il via a un nuovo cammino, invece fu un disastro, tecnico e mentale. Ci siamo fermati un’ora, dopo la fine, a parlare tra di noi. Ma non è uscito nulla di buono. Ho capito in quel momento che eravamo una squadra senz’anima, come sosteneva il pubblico».
Come avete fatto a trovare anima e cuore?
«Dopo l’epurazione di Smith e Salvi ci siamo resi conto che il campionato l’avrebbe finito questo gruppo. Abbiamo fatto l’ennesima riunione tra di noi, ma questa volta alle parole sono seguiti i fatti. Abbiamo stretto il nostro famoso patto. I tifosi e l’ambiente hanno capito che facevamo sul serio e ci hanno sostenuto in maniera fondamentale. Per questo è giusto che ora gioiscano con noi».
Lei ha 38 anni, ha vinto scudetti ed Euroleghe. Chi glielo ha fatto fare di giocarsi i tendini per Reggio Emilia?
«Primo la passione per uno sport che mi ha regalato gioie immense e fatto crescere come uomo. Poi con la Trenkwalder ho avuto subito un bellissimo feeling, ho avvertito intorno a me grande fiducia. Per questo mi sento di dire che non è finita».
Vuol dire che la rivedremo ancora con la canotta biancorossa?
«Voglio dire che non mi è piaciuto come ho finito il mio campionato con Reggio. Che anche se è stato importante esserci salvati, questa città merita molto di più. Ho una voglia immensa di rivincita, insomma. In questi mesi metterò a posto il tendine, dopodichè la voglia di fare ancora qualcosa per la Pallacanestro Reggiana è davvero molto, molto grande».

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