Azzurre, doppia beffa
(Simone Golia, inviato a Ginevra) Quando al 64’ una botta al flessore della coscia sinistra l’ha costretta ad abbandonare il campo, Cristiana Girelli non smetteva di piangere.
L’Italia era avanti 1-0, ci aveva pensato la sua amica Barbara Bonansea a frantumare la spocchia dell’Inghilterra campione in carica. Ma la capitana azzurra di partite ne ha giocate e viste tante. Aveva fiducia nelle compagne, certo. Credeva nelle parate di Giuliani, nelle chiusure di Salvai, Linari e Lenzini, ma sapeva anche che contro un avversario così sarebbe stata durissima. Ha sette vite la squadra di Sarina Wiegman, sopravvissuta miracolosamente nei quarti contro la Svezia (sotto 0-2 fino al 79’, poi la gioia ai rigori) e risorta contro le azzurre quando sembrava ormai morta.
Il gol dell’1-1 è arrivato al 96’, a sessanta secondi dalla fine, quello del 2-1 al 119’ su rigore, dopo che Giuliani aveva parato il primo tiro di Kelly, poi rapidissima sulla ribattuta.
Il pari lo ha segnato sempre lei, la diciannovenne Michelle Agyemang, che cinque giorni prima — con la rete del momentaneo 2-2 — aveva mandato ai supplementari la sfida contro le scandinave. Ha preso il posto della capitana Leah Williamson all’85’ e ha colpito: cross di Kelly dalla destra, Mead manca la palla e Giuliani smanaccia come può. Michelle stoppa e fa partire un tiro che passa sotto le gambe di Linari.
Solo quattro anni fa faceva la raccattapalle a Wembley, sembra passata un’eternità. Nel tempo libero si chiude in camera e suona il pianoforte, divertendosi con «God save the king», l’inno che i tantissimi tifosi di bianco vestiti cantano pazzi di gioia. Andranno loro a Basilea, dove cercheranno di difendere il titolo. Niente finale per l’Italia, l’ha sfiorata e poi l’ha dovuta lasciare andare.
Camminavano tronfi gli inglesi per le strade di Ginevra prima della partita. Non conoscevano una giocatrice azzurra, neanche Girelli, a cui il The Guardian in mattinata aveva dedicato una pagina: «Chi? Quella con i riccioli?», si domandavano, divertiti. Hanno invaso i pub e la passeggiata lungo il Lemano, qualcuno si è concesso una visita guidata davanti al laboratorio di Philippe Pascoet, il primo a lavorare in città il cioccolato fondente. Lo chiamano «il mercante di felicità», per 96’ il cuore delle azzurre ne è stato invaso. Hanno toccato il paradiso, all’86’ Severini da due metri e col portiere a terra ha avuto la palla del 2-0.
Poi è stata lei a 60 secondi dai rigori a trattenere per la maglia Mead, mandando sul dischetto Kelly. Vivrà giornate di angoscia, ma sua sorella è una mezzofondista e cercherà di consolarla dicendole che bisogna godersi il percorso prima del traguardo. Quello dell’Italia in Svizzera è stato meraviglioso. È andato oltre ogni vetta, come il Jet d’eau, la grande fontana di Ginevra il cui spruzzo d’acqua arriva a 140 metri.
Piangono tutte, ma sono lacrime che ti asciughi con la mano e che devono lasciare il posto a un sorriso: «Tanto orgoglio, non ci sono parole», commenta il c.t. Soncin: «Ragazze, ci regalerete tante emozioni», l’applauso di Gravina.
Corriere della Sera

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